Giudicato amministrativo in violazione del diritto sovranazionale

Il giudice amministrativo, civile e penale è vincolato al diritto sovranzionale. Sia a quello consuetudinario ai sensi dell’art. 10 Cost, il quale detta il recepimento automatico nel nostro ordinamento, che di quello pattizio, che necessita di un apposito atto di recepimento.

In particolar modo, il diritto unionale ha effetti diretti e immediati che prevalgono sul diritto interno, salvi i controlimiti costituiti dai principi fondamentali della nostra Carta costituzionale. Tutto ciò deriva dalla cessione di sovranità che l’Italia e gli altri Stati membri della UE hanno compiuto aderendo ai trattati europei.

Nel processo amministrativo non vige l’istituto della revocazione; a tale presunto deficit di tutela la giurisprudenza ha risposto affermando che sia possibile il ricorso in Cassazione per eccesso di potere giurisdizionale.

Sarebbe, dunque, più opportuno evitare i contrasti tra statuizioni del GA e diritto sovranazionale. Il privato può impugnare una sentenza definitiva di primo grado e l’Autorità giudiziaria ha il dovere di conformarsi ad esso sollevando la questione pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia europea per violazione del diritto unionale, o la questione di legittimità costituzionale davanti alla Consulta per contrasto con il diritto internazionale. E’ evidente come lo stabilizzarsi di sentenze in contrasto con il diritto sovranazionale rappresenti un fallimento dei due metodi esposti.

In particolar modo, se fosse violato il diritto internazionale nell’ambito di un processo penale, la dichiarata illegittimità costituzionale dell’art. 630 cpp, laddove non consente la revocazione per contrasto con la CEDU, ha, appunto, reso possibile l’esperibilità del detto rimedio. Non vi è, però, strumento omologo all’interno del processo amministrativo, nel quale la QLC non è stata accolta sulla scorta della profonda diversità dei due processi. In quello non penale non vi è, infatti, l’obbligo di riaprire il processo stesso. Gli Stati membri sono stati esortati a farlo, ma non obbligati.

In caso di violazione del diritto unionale, invece, il Consiglio di Stato sostiene che vi siano già gli strumenti per evitare giudicati anticomunitari, ossia il giudizio di ottemperanza, estremamente duttile e malleabile. Esso rappresenta un giudicato a formazione progressiva, in quanto il giudice può integrare e completare il giudicato con statuizioni aderenti al diritto europeo, e specificare la portata e gli effetti del detto giudicato, in modo da impedire conseguenze anticomunitarie.

Anche la Cassazione, rileggendo dinamicamente l’ultimo comma dell’art. 111 Cost., ha tentato di offrire uno strumento di soluzione al possibile contrasto tra giudicato amministrativo e diritto euopeo; ha, infatti, sostenuto la impugnabilità delle sentenze del Consiglio di Stato per grave e manifesta violazione del diritto eurounitario e ha chiesto alla CGUE se osti al diritto unionale un diritto processuale interno che non consenta il ricorso in Cassazione avverso pronunce del supremo organo di giustizia amministrativa contrastante con il diritto europeo.

Allo stato, tuttavia, l’unico rimedio esperibile è l’azione risarcitoria da potere giurisdizionale.

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