Sono incostituzionali le norme troppo generiche del codice antimafia

Le sentenze 27 febbraio 2019, n. 24 e n. 25 della Corte Costituzionale hanno dichiarato illegittime le misure di prevenzione per gli indiziati di traffici delittuosi e la sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno perché reputate in entrambi i casi disposizioni troppo generiche.

Nel primo caso (sentenza n. 24/2019 con relatore Viganò) la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità); dell’art. 19 della legge 22 maggio 1975, n. 152 (Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico); dell’art. 4, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 159 del 2011 (cosiddetto codice dell’antimafia), nella parte in cui stabilisce che i provvedimenti previsti dal capo II si applichino anche ai soggetti indicati nell’art. 1, lettera a) e dell’articolo 16 dello stesso provvedimento nella parte in cui stabilisce che le misure di prevenzione del sequestro e della confisca, disciplinate dagli articoli 20 e 24, si applichino anche ai soggetti indicati nell’art. 1, comma 1, lettera a).

Appare infatti  illegittimo sottoporre alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e alla misura di prevenzione della confisca dei beni le persone che “debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dedite a traffici delittuosi” come si legge nella stessa nota pubblicata dalla Corte costituzionale.

La Corte è intervenuta quindi a dichiarare l’illegittimità, in seguito a una  valutazione che ha espresso l’eccessiva genericità dei potenziali destinatari delle disposizioni, facendo riferimento a una pronuncia del 2017 della Corte europea dei diritti dell’uomo (nota anche come Corte di Strasburgo). Già in quell’occasione l’espressione “traffici delittuosi” non era infatti in grado di indicare con sufficiente precisione quali comportamenti criminosi possano dar luogo all’applicazione della sorveglianza speciale o della confisca dei beni, come si legge dal provvedimento motivato pubblicato in data 27 febbraio.

Ne è conseguita in pratica la violazione del principio di legalità, che trova il proprio fondamento su di una legge che determini con precisione i presupposti di applicazione.

Occorre però rilevare come la stessa Corte costituzionale abbia chiarito che la sentenza non tocca le norme che consentono di applicare misure di prevenzione nei confronti degli indiziati di delitti di mafia.

Allo stesso modo la sentenza n. 25/2019 della Corte costituzionale, con relatore Amoroso, ha censurato il fatto che le prescrizioni di “vivere onestamente” e di “rispettare le leggi” non possano integrare il delitto di violazione degli obblighi inerenti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno come si evince dalla motivazione.

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