Fecondazione eterologa praticata da due donne all’estero: va colmato il vuoto di tutela per garantire ai nati pieni diritti

La Corte Costituzionale, con sentenza del 09/03/2021, n.32, ha stabilito che :Vanno dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 8 e 9 l. 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) e 250 del codice civile, sollevate dal Tribunale di Padova secondo cui tali articoli, sistematicamente interpretati, non consentirebbero al nato nell’ambito di un progetto di procreazione medicalmente assistita eterologa, praticata da una coppia dello stesso sesso, l’attribuzione dello status di figlio riconosciuto anche dalla madre intenzionale che abbia prestato il consenso alla pratica fecondativa, ove non vi siano le condizioni per procedere all’adozione nei casi particolari e sia accertato giudizialmente l’interesse del minore.

Le questioni sollevate, infatti, rivelano un vuoto di tutela dell’interesse del minore che la Consulta ritiene di non poter ora porre rimedio. Il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, dovrà al più presto colmare il denunciato vuoto di tutela, a fronte di incomprimibili diritti dei minori. Si auspica una disciplina della materia che, in maniera organica, individui le modalità più congrue di riconoscimento dei legami affettivi stabili del minore, nato da Procreazione medicalmente assistita praticata da coppie dello stesso sesso, nei confronti anche della madre intenzionale.

La recisione del legame tra la madre biologica e la madre intenzionale, pur in presenza di un rapporto di filiazione effettivo tra quest’ultima e il minore, rende evidente l’esistenza di una lacuna dell’ordinamento italiano nel garantire tutela ai minori e ai loro superiori interessi, intesa come necessaria permanenza dei legami affettivi e familiari, anche se non biologici, e riconoscimento giuridico degli stessi, al fine di conferire certezza nella costruzione dell’identità personale. Risulta, infatti, evidente che i nati a seguito di fecondazione eterologa praticata da due donne versano in una condizione deteriore rispetto a quella di tutti gli altri nati, soltanto in ragione dell’orientamento sessuale delle persone che hanno posto in essere il progetto procreativo. Essi, quando destinati a restare incardinati nel rapporto con un solo genitore, proprio perché non riconoscibili dall’altra persona che ha costruito il menzionato progetto, vedono gravemente compromessa la tutela dei loro preminenti interessi, in contrasto con il principio di eguaglianza.

Spetta al legislatore, quindi, nell’esercizio della sua discrezionalità, colmare il vuoto di tutela del preminente interesse del minore mediante una disciplina che, in maniera organica, individui le modalità più congrue di riconoscimento dei legami affettivi stabili del minore, nato da procreazione medicalmente assistita praticata da coppia dello stesso sesso, nei confronti anche della madre intenzionale.

L’auspicata disciplina, tesa a garantire incomprimibili diritti dei minori, può tradursi nella riscrittura delle previsioni in materia di riconoscimento ovvero nell’introduzione di una nuova tipologia di adozione, che attribuisca, con una procedura tempestiva ed efficace, la pienezza dei diritti connessi alla filiazione.

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