POTERE DI ORDINANZA EXTRA ORDINEM E TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI

Di incerta collocazione tra le fonti normative, le ordinanze di necessità e urgenza sono atti a contenuto atipico che l’amministrazione è abilitata ad adottare per  fronteggiare situazioni eccezionali, anche derogando alla disciplina normativa di rango primario, ma pur sempre nel rispetto della Costituzione e dei principi generali dell’ordinamento.

Più in generale l’ordinamento conferisce rilievo allo stato di necessità quale presupposto facoltizzante per l’adozione di atti e comportamenti, ritenuti legittimi o leciti solo in presenza di situazioni eccezionali che li giustifichino.

L’attitudine derogatoria ha fatto, pertanto, dubitare della relativa natura giuridica.

Un primo indirizzo ha sottolineato la natura normativa, inquadrando, dunque, le ordinanze in oggetto tra le fonti di secondo grado. È stato valorizzato il loro carattere generale e astratto, idoneo a trovare applicazione in un numero di casi non predeterminato né determinabile, e per periodi di tempo brevi e circoscritti. Si conclude affermando la forza di legge delle ordinanze in esame.

Per differente ricostruzione, seguita dalla giurisprudenza costituzionale, proprio l’innovatività sarebbe assente; si tratterebbe, sicchè, di provvedimenti amministrativi, soggetti ai controlli giurisdizionali esperibili nei confronti di tutti gli atti amministrativi.

A sostengo della detta opzione interpretativa si è rimarcato il contenuto concreto idoneo a incidere su situazioni giuridiche soggettive e l’eccezionalità del potere, temporalmente limitato costituente una deroga alla disciplina di rango primario, giammai un’abrogazione o una modifica. Pertanto, sarebbe escluso alcun sindacato di costituzionalità.

Infine, un terzo orientamento, sostiene che debbano essere evitate generalizzazioni e ritiene doveroso il riscontro concreto dell’effettiva consistenza del contenuto delle ordinanze in oggetto al fine di stabilirne la natura giuridica.

Merita una breve riflessione la ravvisabilità di un limite temporale al potere di ordinanza in questione. Infatti, secondo l’interpretazione tradizionale, il suddetto potere deve necessariamente avere un arco temporale predefinito.

La gravità del pericolo giustificherebbe, invero, un intervento con uno strumento eccezionale per un periodo delimitato, sicchè venute meno l’urgenza e la contingibilità la situazione stabilizzata non potrebbe più giustificare la sussistenza di tali particolari provvedimenti.

Per differente posizione non può escludersi a priori la permanenza del detto potere, in quanto volto alla tutela della incolumità collettiva; si deve, perciò, adattare alla situazione di pericolo più imprevedibile. Ne consegue che solo l’esame del caso concreto può determinare se l’intervento deve assumere o meno carattere temporaneo.

Infatti, il Consiglio di Stato sembra aver disatteso la tesi della temporaneità o della provvisorietà come carattere ineliminabile delle ordinanze extra ordinem. Tale qualificazione è ritenuta non coerente con l’esigenza di elasticità che deve connotare il potere in oggetto, per essere adattabile alle più imprevedibili o impreviste situazioni di rischio per gli interessi contemplati dalla legge.

Ne deriva che la fattispecie concreta, ove richieda misure non provvisorie, legittimerà l’esercizio di un potere privo di limiti temporali.

Quanto, invece, ai limiti procedimentali, uno su tutti si impone alla pa: l’art.3 della L.241/90, ossia l’obbligo di motivazione, non contravvenibile neppure nei casi di maggior urgenza. Invero, l’eccezionalità del potere, l’atipicità contenutistica degli atti in questione, la devoluzione alla stessa pa di verificarne i presupposti di adottabilità, intensificano e accentuano l’attenzione nell’esplicazione dei motivi.

Pertanto, la motivazione deve dar conto della sussistenza dei presupposti di esercizio del potere extra ordinem e degli elementi istruttori a sostegno dello stesso. Pur non essendo talvolta possibile condurre accertamenti complessi e laboriosi, la pa è certamente tenuta ad accertamenti strettamente necessari a verificare i presupposti predetti.

La giurisprudenza, poi, si è diffusamente soffermata sui presupposti dell’esercizio del potere, ossia il pericolo di danno grave e l’indifferibilità dell’intervento urgente. Ci si è interrogati sul rapporto tra l’urgenza e il momento di insorgenza del pericolo.

Per un primo indirizzo la finalità e il presupposto per l’emanazione delle ordinanze di necessità e urgenza è, appunto, di provvedere con urgenza a un evento nuovo, imprevisto e imprevedibile.

In linea, quindi, si è escluso che una situazione risalente e permanente giustifichi l’esercizio del potere in oggetto.

Per diversa opzione, invece, ciò che rileva è l’effettiva esistenza di un pericolo imminente al momento dell’adozione dell’ordinanza, essendo del tutto ininfluente tanto la prevedibilità quanto il fatto che la situazione emergenziale sia sorta in epoca antecedente.

Il Consiglio di Stato ha sostenuto che non osti al ricorso al potere extra ordinem una situazione preesistente correlata a un evento nuovo né che la prevedibilità sia da imputare alla stessa pa o a terzi. Si deve, dunque, aver essenziale riguardo alla oggettiva ricorrenza della situazione di pericolo non fronteggiabile adeguatamente e tempestivamente con misure ordinarie.

Le implicazioni legate alla riscontrata assenza dei presupposti del potere comportano per alcuni una carenza di potere, trattandosi di presupposti necessari ai fini della stessa attribuzione del potere.

Per altri, viene a integrarsi un’ipotesi di cattivo uso di potere o di sviamento dalla causa tipica.

Secondo la prima ricostruzione si conclude per la radicale nullità del provvedimento oltre che, sul versante processuale, per il radicarsi della giurisdizione del giudice ordinario.

La seconda opzione interpretativa, invece, reca con sé che l’atto è da ritenersi annullabile con conseguente giurisdizione del GA sulla controversia.

In entrambe è garantita la tutela  risarcitoria per i danni conseguenti all’adozione del provvedimento.

La pa, dunque, incontra taluni limiti fondamentali e ineludibili come i precetti costituzionali e i principi generali dell’ordinamento. Inoltre, per costante indirizzo giurisprudenziale, si frappone il rispetto dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità. Spesso, infatti, le ordinanze extra ordinem vengono adottate a tutela di interessi collettivi incidenti su posizioni soggettive individuali. Si spiega, allora, la necessità che la soluzione adottata comporti il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti.

Un ampio ricorso ai poteri di urgenza è stato previsto dalla disciplina approvata per fronteggiare l’emergenza sanitaria causata dal covid-19. Se all’inizio dell’emergenza si è fatto affidamento sull’art. 32 L.833/78 che attribuisce al Ministro della Salute il potere di ordinanza, successivamente è stato approvato il d.l. n.6/20202, che ha riconosciuto un ampio potere di ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri, da esercitare allo scopo di evitare il diffondersi della pandemia. Il seguente d.l. 19/20 ha in parte abrogato il precedente e ha dato fondamento legislativo più puntuale al potere extra ordinem del Presidente del Consiglio.

In particolar modo, all’art.1 sono state elencate le misure adottabili precisando che avrebbero dovuto essere contenute nel tempo, per un periodo non superiore ai trenta giorni, reiterabili e modificabili più volte fino al 31 luglio 2020, modulabili in aumento o in diminuzione secondo l’andamento epidemiologico, e nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità.

Ebbene, la premessa svolta sui limiti costituzionali delle ordinanze in oggetto appare fortemente contraddetta dai numerosi dpcm emanati dal marzo 2020 sino a oggi. Evidenti, infatti, sono state le compressioni ai diritti e libertà fondamentali come quella di circolazione, di esplicazione del proprio lavoro, di riunione, di iniziativa economica, anche se uno dei limiti non valicabili dalle ordinanze contingibili e urgenti è costituito in linea generale proprio dai diritti costituzionalmente tutelati.

Pertanto, profondi dubbi di legittimità costituzionale dei vari dpcm sono sorti nei mesi precedenti. Ci si è chiesti se le limitazioni rinvengano una giustificazione nella necessità di tutelare la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività ai sensi dell’art. 32 Cost. e se possano considerarsi espressione dei doveri inderogabili di solidarietà sociale ex art. 3 Cost.

Si teme sostanzialmente che lo stato di eccezione diventi sempre di più il normale paradigma dell’esercizio del potere esecutivo, come sostiene il filosofo Agamben. Infatti, il problema di fondo di questi provvedimenti emergenziali resta la loro potenziale lesione di alcuni, invero i principali, diritti costituzionalmente tutelati, in violazione della riserva di legge in materia.

Per alcuni autori, nuove modalità di produzione del diritto hanno preso piede in luogo di quelle ordinarie, al di là della loro aderenza al dettato costituzionale, pur non rompendosi la cd “catena kelseniana”. L’attenzione si è posta sul binomio decreto legge-dpcm e sul modo con il quale ha inciso sulle garanzie costituzionali.

Infatti, si è fatta strada una teoria contrattualistica estremamente complessa e ricca di sfumature che individua un accordo tra lo Stato e i cittadini, quale filo conduttore  per l’adesione dei singoli a un nuovo patto implicito di soggezione allo Stato e ai suoi comandi dettati in ragione dell’emergenza in corso. Tradizionalmente attribuita a Hobbes, la teoria del cd pactum subiectionis  non appare, tuttavia, un argomento validamente spendibile, pur se suggestivo; già esiste un ordine costituzionale istituito sulla base della Carta fondamentale che non ammette sospensioni, come, invece, può accadere secondo l’ordinamento francese.

È il principio di sovranità popolare, consacrato nell’art. 1 Cost., a impedire appunto che la sovranità venga esercitata secondo forme diverse e non disciplinate.

Il giudice amministrativo ha citato gli artt. 32 e 2 Cost. quali parametri di valutazione della proporzionalità delle misure adottate. Ha sostenuto, infatti, che la compressione, per la prima volta dal dopoguerra, dei diritti anche fondamentali della persona, riguardanti il libero movimento, il lavoro, la riservatezza, sia avvenuta allo scopo di meglio tutelare gli stessi. All’interno di un ponderato bilanciamento dei diritti in campo, i cd controlimiti, e in particolar modo il bene primario per eccellenza, ossia la salute della generalità dei consociati,  sono assurti sia a fine ultimo da tutelare sia a oggetto di provvedimenti amministrativi limitanti.

La messa in pericolo del bene-salute dovuta a comportamenti individuali potenzialmente idonei a diffondere il contagio, secondo le evidenze scientifiche, ha condotto, secondo la giurisprudenza amministrativa, a giustificare deroghe, compressioni, limitazioni ai diritti costituzionali dei singoli individui. La primaria esigenza di cautela avanzata nell’interesse della collettività, ha portato all’emanazione dei numerosi dpcm al fine di tutelare un interesse nazionale non superabile in alcun differente modo.

Dunque, prevalentemente si individua nella stessa Costituzione e nella tutela dei diritti fondamentali in essa presenti il fondamento del potere extra ordinem, e non nella necessità. Tutti gli strumenti necessari a fronteggiare dal punto di vista normativo le situazioni emergenziali sono rinvenibili nella Costituzione. Il principio della salute pubblica quale legge suprema è infatti ritenuto positivizzato in specifici principi,  quali quelli della unità e indivisibilità della Repubblica, della sicurezza pubblica, del ripudio della guerra, dei principi fondamentali sottratti alla revisione costituzionale.

Non è mancato chi ha fatto riferimento all’etica della solidarietà che permea di sé l’intero testo costituzionale, anche a fronte di pesanti ricadute economiche a svantaggio delle numerose attività produttive bloccate dall’emergenza sanitaria. La solidarietà, pertanto, dovrebbe fungere da discrimine nel delicato equilibrio tra deterrenza psicologica e minor compressione dei diritti della persona.

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