La meritocrazia e la premialità nel pubblico impiego

Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni, denominato originariamente rapporto di pubblico impiego, è stato oggetto di un processo di riforma che ha profondamente inciso sulla sua natura giuridica, e di conseguenza sulla disciplina  applicabile.

Oggi il rapporto di lavoro alle dipendenze dello Stato o di un ente pubblico non economico presenta natura privatistica ed è disciplinato dalle stesse regole che governano il rapporto di lavoro dipendente, ad eccezione di determinati profili connotati di specialità.

Sono esentate dalla detta contrattualizzazione alcune categorie di lavoratori che permangono in regime di diritto pubblico, essendo espressamente eccettuate dalla privatizzazione del corrispondente rapporto di lavoro, come delineato ai sensi dell’art. 3 d.lgs. 165/2001.

L’attuale assetto normativo è, infatti, contemplato nel d.lgs. 165/2001, denominato anche testo unico sul pubblico impiego, il quale racchiude le varie riforme che si sono succedute nei decenni, e che va integrato dalla L. 145/2002 sulla dirigenza pubblica.

Con il d.lgs. 150/2009 ha trovato compimento l’attuazione della delega per la riforma del lavoro pubblico, il quale non sostituisce il menzionato testo unico, ma lo innova ampiamente in tema di misurazione, valutazione e trasparenza della performance, la valorizzazione del merito e gli strumenti premiali, la dirigenza, la responsabilità disciplinare, per far riferimento agli aspetti che in questa sede ci occupano.

L’ambito di applicazione del citato t.u. è delimitato all’art.1, il quale come primo obbiettivo indica l’accrescimento dell’efficienza delle amministrazioni in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei paesi dell’Unione europea, e prosegue con la realizzazione della migliore utilizzazione delle risorse umane, assicurando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti.

L’accesso al lavoro nella p.a. è regolato dall’art. 35 tupi, ed è improntato su procedure selettive volte ad accertare la professionalità richiesta, che garantiscano l’adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali in relazione alla posizione da ricoprire.

La scelta dovrà ricadere sul migliore o i migliori fra i candidati posti tutti in posizione di uguaglianza. Non è consentito applicare criteri meramente soggettivi o fiduciari; il concorso pubblico, secondo quanto sostenuto dalla Corte costituzionale nel 2006, rappresenta il meccanismo più imparziale di selezione tecnica e neutrale per selezionare i più capaci sulla base del criterio del merito, dunque rappresenta la forma generale ed ordinaria di reclutamento. Esso soddisfa esigenze di imparzialità ed efficienza, evita di privilegiare categorie più o meno ampie di persone, ma non è immune da eccezioni, come quando si procede all’avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento, ex lett. b) del citato art.35, che trovano fondamento nella legge, appunto, ed in peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico.

Normativizzato al seguente art.37 l’accertamento della conoscenza dell’uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse e della lingua inglese, nonché di altre lingue straniere, ove il profilo professionale lo richieda.

Come anticipato, tra gli obbiettivi perseguiti dalle più recenti riforme, vi sono una migliore organizzazione del lavoro, elevati standard qualitativi ed economici delle funzioni e dei servizi, l’incentivazione della qualità della prestazione lavorativa, la selettività e la concorsualità nelle progressioni di carriera, il riconoscimento di meriti e demeriti, la selettività e la valorizzazione delle capacità e dei risultati ai fini degli incarichi dirigenziali, l’incremento dell’efficienza del lavoro pubblico, il contrasto alla scarsa produttività ed all’assenteismo.

Con la cd. riforma Brunetta del 2009 è stato introdotto il sistema di valutazione della performance applicabile alle strutture ed ai dipendenti. Una volta superate le procedure selettive, quindi, al fine di incentivare efficienza e produttività, ed assicurare standard qualitativi ed economici, si procederà ad una attribuzione selettiva di incentivi economici e di carriera.

Meritocrazia e premialità presuppongono un giudizio del lavoro nella p.a.. Da qui l’attivazione di un ciclo generale di gestione delle performance, collettive ed individuali, misurabili, dunque valutabili e trasparenti.

È stata all’uopo istituita la CIVIT, commissione per la valutazione, trasparenza e integrità delle p.a., la cui denominazione è poi mutata in ANAC, Autorità nazionale anticorruzione.

Recentemente il d.lgs. 74/17 ha introdotto rilevanti novità sulla misurazione e valutazione della performance dei dipendenti pubblici. In particolare, sono stati istituiti gli OIV, organismi indipendenti di valutazione, con l’obbiettivo specifico appunto di misurare e valutare le performance in senso collettivo per ogni p.a., ed individuale, in coerenza con le politiche nazionali.

Di sicuro rilievo l’attribuzione di un ruolo attivo al cittadino, il quale attraverso la soddisfazione espressa in relazione ad un servizio ricevuto, determina la qualità dello stesso.

L’adozione del Piano delle performance implicherà la responsabilità del dirigente che eroghi premialità non dovute.

Abolite le fasce di merito obbligatorie, i contratti collettivi nazionali stabiliscono la quota di risorse destinate a remunerare la performance collettiva ed individuale, differenziando i trattamenti economici.

Infatti, ex art. 45 tupi alla contrattazione collettiva è stata attribuita la competenza di determinare i trattamenti economici. Questi sono distinti in fondamentale ed accessorio. La prima parte attiene e remunera la professionalità media del dipendente corrispondente all’orario ordinario, con voci fisse come lo stipendio tabellare, la retribuzione individuale legata all’anzianità, gli incrementi dello stipendio dovuti alla progressione economica orizzontale, gli eventuali assegni ad personam.

Il trattamento accessorio, invece, è legato alla performance individuale ed organizzativa, dell’amministrazione nel suo complesso, al raggiungimento degli obbiettivi individuali e collettivi, ed all’effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiate pericolose o dannose per la salute.

Per contro l’insufficiente rendimento, dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione di lavoro, come pure la falsa attestazione in servizio, la reiterata violazione degli obblighi lavorativi, l’assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio e comunque per più di sette giorni nel corso negli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione, determinano inesorabilmente  ai sensi dell’art. 55 quater tupi l’applicazione della pesante sanzione del licenziamento disciplinare.

Inoltre, le progressioni verticali che individuano gli avanzamenti di carriera ad una fascia superiore o area superiore,  devono essere preceduti da procedure volte a selezionare i soggetti più meritevoli, in funzione delle qualità culturali e professionali, dell’attività svolta, dei risultati conseguiti, come dettato dall’art. 52, co. 1 bis, tupi.

Come pure ex art. 7 co. 5 bis tupi, al conferimento di incarichi individuali con contratti di lavoro autonomo si procede solo a vantaggio di esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria. Se ne può prescindere solo per attività che devono esser svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operano nel campo dell’arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell’attività informatica, come previsto dal seguente comma 6.

Anche la dirigenza pubblica è stata interessata dalla trasformazione del suo regime giuridico, il che ha introdotto nuove forme di valutazione dell’operato dei dirigenti, la verifica dei risultati conseguiti e degli obbiettivi raggiunti.

Il nuovo modello di responsabilità dirigenziale, tipica e specifica, è stata sganciata dalla illegittimità degli atti per essere strettamente connessa alla validità ed alla efficienza gestionale.

Infatti, i dirigenti sono responsabili in via esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati ex art. 4 co.2 tupi.

La qualifica dirigenziale si acquisisce tramite concorso pubblico o per esami bandito dalle singole pp.aa. oppure mediante corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell’amministrazione. Dunque, non esprime più una posizione lavorativa unitaria, inserita nell’ambito di una carriera,  con determinate mansioni, ma una idoneità professionale. Il dirigente svolgerà delle specifiche funzioni solo in base e per l’effetto del conferimento a termine di un incarico dirigenziale.

 Al superamento del concorso segue, pertanto, l’instaurazione di un rapporto di lavoro dirigenziale a tempo indeterminato caratterizzato dalla idoneità professionale a svolgere fattivamente mansioni dirigenziali. Il concreto incarico ai sensi dell’art. 19 tupi viene conferito però tenendo conto delle attitudini, delle capacità professionali, dei risultati, delle specifiche competenze organizzative, delle esperienze di direzione sia a dipendenti di ruolo in possesso di qualifica dirigenziale sia ad altri, anche esterni, attraverso un rapporto di lavoro subordinato o autonomo.

Il mancato raggiungimento degli obbiettivi o l’inosservanza delle direttive impartite comporta, oltre all’eventuale responsabilità disciplinare, l’impossibilità del rinnovo dello stesso incarico, e nei casi più gravi la revoca dell’incarico stesso con collocazione a disposizione oppure il recesso dal rapporto,ex art. 21 tupi.

 Responsabilizzazione dei dirigenti, dunque,  ma anche attribuzione di poteri effettivi e concreti nel controllo della qualità e della quantità del lavoro svolto dal personale assegnato agli uffici. Al fine di qualificare i dirigenti, di premiare i migliori, di accrescere produttività e qualità delle prestazioni, con la riforma del 2009 è stato ridefinito il ruolo dei menzionati dirigenti e sono stati introdotti meccanismi meritocratici, nella selezione della classe dirigente e nella sua remunerazione, nonché elementi di trasparenza e pubblicità nel conferimento degli incarichi e nella revoca.

La cd. Legge Madia del 2015, infine, ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici e requisiti omogenei per l’accesso alla dirigenza pubblica.

Il ruolo diventa unico, e ne è previsto uno specifico per gli enti locali; saranno anche eliminate le due fasce. Gli incarichi saranno conferiti tramite procedura comparativa con avviso pubblico, della durata di quattro anni, rinnovabili previa partecipazione ad una procedura selettiva, purchè  il dirigente abbia ottenuto una valutazione positiva.

Saranno riordinate le disposizioni legislative relative alle responsabilità imputando esclusivamente ai dirigenti per le attività gestionali.

Inoltre, si dovrà provvedere ad omogeneizzare il trattamento economico fondamentale ed accessorio, ed a definire l’incidenza della retribuzione di risultato al tipo di incarico ed agli obbiettivi per l’intera amministrazione e per il singolo dirigente.

Per l’attribuzione degli incarichi di direttore generale, o amministrativo o sanitario, si procederà con una selezione unica per titoli, previo avviso pubblico, dei direttori generali in possesso di specifici titoli formativi e professionali e di comprovata esperienza dirigenziale.

In attuazione della superiore delega si è proceduto alla riforma della dirigenza sanitaria. La nomina di direttore generale è articolata in due fasi: la prima prevede una rigorosa selezione, la seconda prevede una procedura selettiva non concorsuale tra soggetti iscritti nell’elenco nazionale. La commissione appositamente costituita proporrà una terna di nomi al presidente della Giunta regionale; il tutto secondo criteri meritocratici e di trasparenza, pur riaffermando la natura fiduciaria dell’incarico, stante l’ampia discrezionalità della nomina quale atto di alta amministrazione.

Si procederà ad un corso di formazione in materia di sanità pubblica per la costituzione di un vero e proprio management sanitario, con elevato bagaglio tecnico di professionalità.

Maggiore responsabilizzazione gestionale in capo al direttore generale anche in ordine all’equilibrio economico dell’azienda, in ossequio alla trasparenza soprattutto in tema di bilancio sulle spese e sui costi del personale.

La nomina dei direttori sanitari ed amministrativi indicherà soggetti inclusi nell’elenco stilato dalla citata commissione, al fine di circoscrivere poteri tendenzialmente illimitati e fiduciari dei detti direttori generali.

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