La satira che non fa ridere: in scena l’impiccagione del datore, legittimo il licenziamento

L’esercizio del diritto di critica da parte del lavoratore nei confronti del datore di lavoro può essere considerato comportamento idoneo a ledere definitivamente la fiducia che è alla base del rapporto di lavoro, e costituire giusta causa di licenziamento, quando avvenga con modalità tali che, superando i limiti della continenza formale, si traduca in una condotta gravemente lesiva della reputazione, con violazione dei doveri fondamentali alla base dell’ordinaria convivenza civile.

(Nella specie, la S.C. ha annullato la sentenza che aveva ritenuto esercizio legittimo del diritto di critica la condotta di alcuni lavoratori che, di fronte all’ingresso del fabbricato aziendale, avevano inscenato una macabra rappresentazione del suicidio in effigie dell’amministratore delegato della società, attribuendogli la responsabilità della morte di alcuni dipendenti) .

Un minimo canone etico dev’essere uguale per tutti e non può essere speciale per i lavoratori in base all’obbligo di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c..

I fatti non sono controversi e sono quelli accertati nei giudizi di merito .

La Suprema Corte sceglie tra il macabro inscenato ed il tragico quotidiano.

Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 06-06-2018, n. 14527

You may also like...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Translate »