Nuova scadenza per la prescrizione dei contributi dei dipendenti pubblici: l’Inps annuncia la proroga al 1° gennaio 2020

L’Inps ha tempo un altro anno per sistemare le posizioni contributive dei dipendenti della Pubblica Amministrazione: la prescrizione dei contributi per i dipendenti pubblici, infatti, scatterà dal 1° gennaio 2020 o non nel 2019 come inizialmente prospettato.

La circolare n°117 pubblicata l’11 dicembre 2018 ha recepito il parere favorevole del Ministero del Lavoro in merito alle richieste presentate dalle varie amministrazioni, le quali avevano chiesto più tempo per sistemare i conti assicurativi, e dai sindacati.

Per la prescrizione dei contributi previdenziali ex Inpdap dei dipendenti pubblici, quindi, sul calendario va segnata una nuova data: 1° gennaio 2020.

La prescrizione dei contributi rappresenta un problema più per le amministrazioni che per gli amministrati: come precisato dall’Inps nel messaggio pubblicato sul proprio sito web lo scorso 13 agosto, i contributi caduti in prescrizione non si perdono.

Il noto messaggio Inps si rivolge alla famosa circolare 169/2017, con la quale è stata estesa anche al regime del pubblico impiego la normativa riguardante la prescrizione quinquennale dei contributi.

La questione riguarda da vicino gli ex amministrati Inpdap, che con la soppressione di questo Istituto e il seguente passaggio alla gestione Inps, potrebbero aver perso alcuni contributi. Ad oggi, infatti, non tutte le posizioni contributive degli ex Inpdap sono state regolarizzate, ed ecco perché alla fine si è deciso di prorogare ulteriormente la scadenza fissandola al 1° gennaio 2020.

Come richiesto dalle amministrazioni statali, ma anche da enti pubblici, sindacati e patronati, i datori di lavoro avranno un anno di tempo in più per controllare – e regolarizzare – tutte le posizioni contributive. Una decisione che va a favore dell’amministrazione stessa: una volta che i contributi sono andati prescritti, infatti, spetta al datore di lavoro farsi carico dell’onere previsto affinché il danno non si ripercuota sull’amministrato.

Per i dipendenti pubblici, quindi, indipendentemente dalla proroga della prescrizione non c’è alcun rischio di perdere i contributi ex Inpdap non ancora accreditati con il passaggio alla gestione Inps. Come si legge sul sito Inps, infatti, la data del 1° gennaio 2020 segna soltanto il cambiamento delle conseguenze per il mancato pagamento contributivo accertato dall’Istituto.

Infatti, prima di questa data è possibile segnalare il vuoto contributivo all’Inps presentando l’apposita documentazione che ne certifica il versamento; in tal caso spetta all’Inps regolarizzare – a costo zero – la posizione contributiva dell’amministrato.

Dopo questa data, invece, l’amministrazione di appartenenza sarà obbligata a sostenere l’onere del trattamento di quiescenza, riferito a quei periodi contributivi per i quali è ormai intervenuta la prescrizione. Per quantificare l’onere dovuto bisogna utilizzare come base di calcolo il criterio della “rendita vitalizia”.

Per i dipendenti pubblici non ci sono costi da pagare, né prima né dopo l’avvenuta prescrizione dei contributi.

Ricordiamo comunque che è facoltà del dipendente controllare la propria posizione assicurativa e – in caso si renda conto di contributi non accreditati – chiederne la variazione. La richiesta va presentata tramite l’istanza RVPA; non c’è alcuna scadenza, neppure l’avvenuta prescrizione vi impedisce di chiedere la regolarizzazione della vostra posizione contributiva.

L’eccezione, ricordiamo, è costituita dagli iscritti alla Cassa Pensioni Insegnanti; questi, infatti, dopo la prescrizione possono richiedere la variazione della posizione contributiva, tuttavia il datore di lavoro non è obbligato a sostenere l’onere della rendita vitalizia. Se non lo fa, spetta quindi al lavoratore far fronte a quest’onere per vedersi valorizzato il periodo sulla posizione assicurativa.

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